Il colore dei sogni: Ducati, le rosse a due ruote

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pico66
00lunedì 21 giugno 2004 14:44
Intervista con il numero uno ed il numero due di Ducati: Federico Minoli ed Enrico D’Onofrio



Per tradizione tutte le macchine da corsa italiane erano rosse, azzurre quelle francesi, anzi blu france, color argento le macchine tedesche e verdi quelle inglesi; ora le automobili da corsa non sono più in tinta unica, i colori sono per lo più scelti dagli sponsors… ma ancora oggi le moto da competizione Ducati sono rosse, come lo è la maggior parte della produzione di serie. È stata percorsa molta strada dagli anni quaranta, quando Ducati produceva il Cucciolo, un motore ausiliario da montare su una bicicletta, fino alla quotazione della società in Piazza Affari ed al New York Stock Exchange, ed ai successi nei Gran Premi di motociclismo… ripercorriamo la storia di questa impresa del made in Italy, così ricca di colpi di scena da sembrare uscita dalla penna di un romanziere, e che come tutti i grandi romanzi, appassiona perché fa sognare.
La fine degli anni settanta è stata caratterizzata da un forte declino per Ducati, fino ad arrivare alla crisi degli anni ottanta, in cui la società finì nelle partecipazioni statali; oggi la società è quotata alla Borsa valori di Milano al segmento Star ed è una delle 12 società italiane quotate al NYSE, ed è controllata dal fondo americano Texas Pacific Group. Il principale artefice di questa incredibile rinascita è stato Federico Minoli, attuale presidente ed amministratore delegato della società, che appartiene a quella ristrettissima cerchia di managers italiani famosi e stimati in tutto il mondo; insieme al presidente incontro il Chief Financial Officer di Ducati, Enrico D’Onofrio, giovane ingegnere partenopeo, uno dei pochi veri signori che si possono incontrare nel mondo dell’alta finanza.



Presidente, le moto Ducati sono un oggetto di culto per gli appassionati di motori e sono vendute in tutto il mondo…

“L’Italia è conosciuta in tutto il mondo per il suo design e per l’alta qualità dei suoi prodotti. Le caratteristiche della personalità degli italiani, la loro creatività e la loro passione, è sublimata ed esala dalla lunga tradizione evocativa dei prodotti delle imprese italiane… e fra i più conosciuti c’è Ducati. Le motociclette Ducati sono la quintessenza dell’Italia. Sono icone dell’eccellenza del made in Italy, l’espressione più recente dell’Italian style unito alle alte prestazioni a due ruote.
Ogni componente delle moto Ducati è prodotto esclusivamente a Bologna, ovvero nel cuore del distretto italiano dell’automotive manufacturing. Questa è una componente fondamentale del fascino della Ducati, che la valorizza particolarmente. Migliaia di turisti visitano ogni anno la nostra fabbrica per vedere le moto durante la fase di assemblaggio ed assistere alla loro spedizione nei luoghi più lontani del mondo. In qualsiasi luogo esse vadano, Ducati spedisce con loro un pezzo unico e seduttivo d’Italia”.

Quale è la filosofia aziendale, la vostra vision di lungo termine?

“Ducati costruisce prodotti che evocano alte prestazioni, passione e vittoria.
La filosofia delle nostra company è quella di costruire una comunità di persone che condivida questi valori. Lo staff deve essere il primo soggetto che rappresenta questi valori, e le persone che lavorano con noi devono andare in moto. I nuovi addetti commerciali devono imparare ad andare in moto. Costituiscono la parte essenziale della comunità che stiamo costruendo. In questo modo i clienti diventano nostri fans, e possedere una moto Ducati diventa una esperienza di per sé, oltre che un veicolo per favorire nuove relazioni sociali. In questo modo la linea di demarcazione con il lavoro è eliminata dall’entusiasmo.
In questo senso, Ducati può essere concepita come una tribù, unita da una comune passione, con un comune senso di appartenenza, riunita intorno ad un prodotto totemico; è questo legame, ancora più del prodotto, che tiene unita la tribù”.

Il vostro sito internet, ducati.com, è stato oggetto di studi nelle Università italiane.

“Ducati.com rappresenta il “tam tam” per la tribù dei ducatisti. Permette alla società di raggiungere i fans e gli amici in tutto il mondo. Fornisce informazioni e nel contempo catalizza feedback. Pertanto la sua vera funzione è di far incontrare e di prestarsi come punto di riferimento, capace di rimuovere le distanze fra i membri della comunità in tutti gli angoli del pianeta.
Ducati investe molto poco nel marketing. Oltre alle nostre attività di gara, il sito ducati.com rappresenta la più significativa fonte di spesa nel marketing. Con i suoi 6,5 milioni di visitatori, il nostro sito è quello che ha maggior successo nel mondo del motociclismo. Ci sono migliaia di pagine e di immagini, una offerta incredibilmente ricca di dettagli ed informazioni sulle moto, si visita online il museo aziendale, si trovano gli ultimi risultati delle gare, workshop tecnici, si vendono moto, accessori ed abbigliamento, e c’è la sezione Ducati Love Stories…e continua a crescere”.

Ducati e le donne….

“Il gruppo che sta crescendo di più nella comunità Ducati è quello delle donne. Questo gruppo è stato amalgamato anche attraverso il lancio di corsi che insegnano alle donne a guidare le moto. Le richieste di iscrizione a questi corsi normalmente superano del 10% le disponibilità dei posti. Ci sono istruttori personali che insegnano loro a guidare il “Monster”, il modello della gamma Ducati più leggero e facile da guidare. Abbiamo un’ampio range di modelli per donne che vogliono uscire da loro “bozzolo”, e che stanno diventando una componente sempre più importante della nostra comunità”.


Veniamo ora alle domande “tecniche” a cui risponde il responsabile della funzione, il Chief Financial Officer Enrico D’Onofrio.

Ingegnere, ci può illustrare le differenze sostanziali ed i diversi adempimenti che caratterizzano la quotazione in Borsa di una società in Italia piuttosto che negli Stati Uniti? Ed ancora, quali sono le sanzioni penali per i reati finanziari commessi negli U.S.A.?

“La scelta di quotare le azioni della società sia sul mercato statunitense che su quello italiano, consente un più vasto ricorso al mercato dei capitali, ma impone alla società e ai suoi amministratori il rispetto degli obblighi derivanti dalla quotazione in ciascuno di tali mercati. Tra le differenze più significative che si possono riscontrare tra le due normative italiana e statunitense, segnalerei il più elevato livello di disclosure, cioè di informazione da fornire al pubblico, previsto per le società quotate in America, sia al momento della registration delle azioni con la SEC (cioè all’IPO) sia dopo. Penso soprattutto all’obbligo di depositare ogni anno il cosiddetto 20-F, un annual report in cui, come in un prospetto, viene presentato il business della società e una comparazione dei risultati degli ultimi tre esercizi, e che deve essere certificato dal CEO e dal CFO della società. Inoltre, la normativa statunitense, dopo l’emanazione del Sarbanes Oxley Act, è diventata stringente anche per quel che riguarda la corporate governance, con l’obbligo di istituire un audit committee e l’obbligo del management di certificare l’adeguatezza ed il funzionamento del sistema di controlli interni. Riguardo alle sanzioni, entrambi i regimi sono particolarmente rigorosi con chi commette reati di insider trading o diffonde informazioni false al mercato. In particolare, nel caso della normativa statunitense, il Sarbanes Oxley Act ha introdotto severe sanzioni penali (fino a 20 di reclusione e 5 milioni di dollari di multa) per il CEO e il CFO che hanno certificato la correttezza di informazioni inserite nel 20-F e che, invece, erano false”.

Ci può parlare del codice etico adottato da Ducati?

“L'adozione di un codice etico, oggi imposta dal Sarbanes Oxley Act per le società quotate a NY e resa necessaria, in Italia, dai regolamenti di Borsa Italiana e dalla disciplina sulla responsabilità cosiddetta penale della società per taluni reati commessi a vantaggio di questa, risponde alla filosofia di Ducati di uniformarsi ai più elevati standard di etica e correttezza professionale e ai requisiti più stringenti applicabili, in materia di corporate governance, alle società quotate. Ducati ha adottato un codice etico già da tempo con la convinzione che il rispetto dei principi etici sia una condizione per il successo dell’attività della società. Inoltre, riteniamo che il riconoscimento da parte dei terzi del rispetto da parte della società dei principi etici costituisca un bene immateriale fondamentale, in quanto stimola l’investimento nella società e la fiducia dei clienti e dei fornitori e attrae le migliori risorse umane”.

Il C.E.O. Federico Minoli riprende il filo del discorso sull’etica:

“Ducati è convinta che - al di là dei ruoli e delle regole- un’impresa debba avere il senso della responsabilità sociale. Al di là dei nostri obiettivi commerciali, coinvolgiamo nei nostri progetti una comunità il più ampia possibile di “stakeholders”, cercando così di restituire loro la passione ed il sostegno che continuano a dare alla nostra società da oltre 75 anni.
Faccio parte del consiglio di amministrazione di “Riders for Health”, una organizzazione no-profit che procura medicine ed aiuta i medici a portarle in moto nei paesi in via di sviluppo. La nostra società devolve in beneficenza un Euro ogni moto venduta, organizza delle aste di beneficenza, offre borse di studio, manda dei regali alle parrocchie”.

Presidente, vogliamo commentare insieme il ritorno di Ducati nel Motomondiale?

“Nel 2003 Ducati ha partecipato al Campionato mondiale Moto GP1 dopo una assenza di 30 anni. In questo Campionato tutte le maggiori case che producono moto corrono con dei prototipi sulle piste di tutto il modo; la moto Ducati è stata battezzata “Desmosedici”, un nome che deriva dall’esclusiva “firma” tecnologica di tutti i nostri Ingegneri. Nel suo primo anno, con due piloti, l’Italiano Loris Capirossi e l’Australiano Troy Bayliss, in modo stupefacente, Ducati si è piazzata seconda nel Motomondiale dopo la Honda. Io ho vissuto questa esperienza come un qualsiasi appassionato”.

Fonte: CNDC

haw
00lunedì 21 giugno 2004 22:18
non so quando l'hanno rilasciata questa intervista, ma se l'hanno rilasciata recentemente si sono dimenticati un pezzo: IL MONDIALE 2004 !!!

Cmq a me sembra tanto una gestione all'americana e non so quanto quanto ci sia di veramente sentito da parte dei dirigenti, oddio magari ci credono fino infondo, ma per mia natura sono abbastanza diffidente, soprattutto nel mischiare una tecnica di marketing con una passione autentica, poi se invece cosi' è... beh buon per loro !
S4rotto
00martedì 22 giugno 2004 01:27
mamma mia che intervista "buona buona"
Mamma mia che intervista buona buona, dolce dolce, alla fine c'avevo il colesterolo alle stelle...il giornalista poteva fare domande un po' più sanguigne...
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