Ducati ha come base del progetto un motore strapotente, spremuto al massimo, che poi ha bisogno di essere domato con adguate soluzioni di ciclistica e soprattutto di elettronica. Quest'ultima, infatti, oltre a gestire il TC, interviene anche a ridurre i consumi per farli rientrare nelle limitazioni del regolamento, "smagrendo" la miscela nei tratti più lenti dei circuiti (è una delle difficoltà con cui devono fare i conti i piloti Ducati). All'epoca dei 1.000 cc, con Capirossi, Bayliss, Checa, l'elettronica addirittura interveniva per spegnere il motore in ingresso curva, alla ricerca del massimo risparmio di carburante, mettendo però spesso in difficoltà i piloti che sentivano come un forte "calcio nel cuxo" quando riaprivano manetta in uscita di curva.
Le Jap, Honda e Yamaha in particolare, partono da una base "guidabile", "facile", con carburazione "grassa" anche nei tratti lenti, salvo poi sottoporre il progetto a step di aggiornamento per tiare fuori i cavalli dal motore, adeguando man mano ciclistica ed elettronica.
I percorsi, com'è evidente, sono opposti e non potrebbe essere altrimenti. Per battere i giapponesi nel campo in cui la fanno da padroni occorrono strategie nuove, di quelle che spiazzano gli avversari.
Insomma, è necessario ricorrere a quel "genio" (tutto italiano) capace di stravolgere anche le "certezze", a costo anche di confrontarsi con qualche peccato di gioventù.
Poi, col tempo, chissà.....
Forza Ducati.