La situazione, che dire, ha contorni sul filo del drammatico.
Fino a Le Mans (dai, ci metto pure Barcellona) mi stavo convincendo che pian pianino, con un lavoro di metodo, ne sarebbero venuti fuori e che (distacchi alla mano con il compagno), Rossi stesse dimostrando di avere ancora qualcosa da dire.
La realtà, anzi il pericolo, dopo Silverstone (che è troppo brutta per essere vera) non è tanto - come dicevo - la prestazione del pesarese, ma la "botta" psicologica che ne potrebbe derivare. Se ti chiami V.Rossi e rimedi 4 secondi, ultimo anche tra i ducatisti, rischi il tracollo emotivo (la sindome di Melandri, per intenderci).
A questo punto, bisogna accettare due verità, secondo me:
a) il pesarese non è più l'uomo delle magie (e questo è ragionevole, oltre che atteso, a 32 anni, specie se ti confronti con talenti purissimi come Stoner e Lorenzo); è, e resta, un buon pilota che ha bisogno di una moto normale.
b) la D16, se la rimaneggi è pure peggio di come sarebbe nella sua "idea" di partenza; il progetto - non nascondiamocelo - è, no sbagliatto, ma letteralmente fallimentare se costringe uno come VR (e prima di lui una sfilza di buoni piloti) a correre come se ci fossi io in pista.
c) Stoner è incommentabile, qualunque superlativo sarebbe poco per il rider più veloce che sia visto (mi arrischio io) nell'ultimo ventennio. Semplicemente un alieno, per talento e capacità di adattamento. Senza di lui questa Ducati (parlo del modello a doppio telaio) si sarebbe già ritirata dalla Motogp.