In una visita che mi fecero di routine un giorno sentii il neurochirurgo che mi operò dire ed allo stesso tempo fare eco dentro me: “qui c’è bisogno di un’immediata neuro riabilitazione, ce ne vorrà almeno per 6/9 mesi se tutto va bene”… credo che mi arrivò un cazzotto virtuale sul viso perché non capivo affatto l’entità del mio problema e non volevo “sentire” ciò che mi si stava dicendo. Avevo al mio fianco una sacca alla quale era collegato un tubicino che arrivava fino a dentro il cervello, nel ventricolo destro che mi aiutava a “spurgare” il liquor in eccesso. Ogni ora veniva un’infermiera a monitorare e leggere il livello di liquor espulso raccomandandomi di non fare movimenti bruschi per non togliere dalla sede (ovvero il cervello) lo stesso tubicino. Mi cambiarono varie volte anche la federa del cuscino perché l’avevo sporcata di sangue e liquor fuoriusciti dall’ultima ferita. Entro qualche giorno decidemmo in che struttura di riabilitazione proseguire il ricovero ed affrontare la riabilitazione neuromotoria. Si fecero tanti nomi tra cui anche “I Cavalieri di Malta” a Roma, ma quello più idoneo secondo noi ed anche secondo i medici risultò la “Fondazione Santa Lucia” sempre a Roma. La scelta avvenne per pochi e pratici motivi sia per il “blasone” che si porta dietro la struttura sia perché era certo che erano provvisti di macchinari di radiologia nucleare, come TAC e Risonanza Magnetica. Quindi in breve tempo fu spedito il fax per richiedere un ricovero presso di loro. Per preparare il trasferimento se ne occupò sia mia Moglie che Isabella di tutta la parte burocratica e clinica. Mi tolsero il drenaggio esterno in pochi istanti, non sentii dolore ma dovetti solo stare immobile per non creare eventuali strozzature o curve varie, sentii un leggero brivido percorrermi la testa e poi di conseguenza su tutto il corpo ed il tutto finì. Ormai la sacca col liquor era stabile ad un livello segnato col pennarello indelebile rosso già da giorni, quindi pensarono bene di accelerare i tempi per il recupero. Ed in breve tempo fu disponibile un posto nel reparto in cui dovevo essere trasferito. Il trasferimento avvenne in ambulanza, non c’ero mai salito prima per fortuna anche se mi aveva sempre affascinato ed incuriosito poter fare un giro su un’ambulanza magari a sirene spiegate e mai avrei pensato che avrei esaudito tale desiderio in quel modo ed in quello stato… arrivai presso il Santa Lucia dove mi stavano aspettando mia Moglie e mio padre che uno portava il mio borsone con i vari effetti personali e l’altra si sbrigò tutta la parte di accettazione e ricovero. Entrai in stanza, ricordo ancora il numero, la 101 in una bella giornata di sole, ed il primo freddo autunnale fare capolino. C’era già un altro paziente all’interno, anziano, il Sig. Giuseppe che stava guardando la tv. L’impatto era stato buono con la struttura perché le stanze erano molto ampie ed ognuna accoglieva massimo 2 pazienti. Ed ogni letto aveva il suo “braccio tecnologico” ovvero c’era un monitor che fungeva da TV e per chi lo voleva attivare anche un Telefono per linea fissa… io col culo che mi ritrovo (per chi non è terrone equivale a dire con la fortuna che ho) non mi funzionava la TV. Quindi al momento dovevo pazientare un po e sperare nell’intervento di un tecnico per farla aggiustare… mi sistemarono in camera e mi misero in ordine le mie cose sia nel cassetto che era di fianco al letto sia nell’armadio. Intanto si era fatta ora di pranzo e per fortuna al Santa Lucia “non ci sono orari di visita” nel senso che i parenti potevano venire in qualsiasi momento ed assistere i propri familiari. Questa elasticità d’orario era proprio perché chi sta ricoverato lì dentro non può muoversi o non lo fa autonomamente ed in maniera sicura, quindi lasciano molta libertà, chiaramente usando sempre il buon senso… la situazione sembrava sotto controllo e tranquilla, ricevetti la visita dei medici del reparto per aprire la mia cartella clinica e fare le prime valutazioni.(continua)
DMC Italia #4130 - DMC Latina #001 - SINCE 2004