Ok oggi mi sento esagerata
Per cui vi ho trovato questo
Penso che le massime di questo autore siano le più gettonate per sms e brevi messaggi d'effetto
Riflessioni o sentenze e massime morali di François de La Rochefoucauld
Traduzione della quinta edizione ( 1678 )
a cura di Giobatta Cattaneo
Le nostre virtù non sono, il più delle volte, che dei vizi travestiti. (ed. 4. 1675)
1. Quello che consideriamo virtù spesso non è che un assemblaggio di diverse azioni e di diversi interessi, che la fortuna o il nostro genio sanno arrangiare; e non è sempre per valore o per castità che gli uomini sono valorosi e le donne caste. (ed. 1. 1665)
2. L'amor proprio è il più grande di tutti gli adulatori. (ed. 1. 1665)
3. Per quante scoperte si siano fatte nel paese dell'amor proprio, restano ancora molte terre sconosciute. (ed. 1. 1665)
4. L'amor proprio è più astuto del più astuto degli uomini. (ed. 1. 1665)
5. La durata delle nostre passioni non dipende da noi più della durata della nostra vita. (ed. 1. 1665)
6. La passione fa sovente un folle del più astuto degli uomini e rende sovente il più stupido astuto. (ed. 1. 1665)
7. Queste grandi ed eclatanti azioni che abbagliano gli occhi sono rappresentate dai politici come effetto di grandi disegni, mentre sono d'ordinario gli effetti degli umori e delle passioni. Così la guerra fra Augusto e Antonio, che viene attribuita all'ambizione che essi avevano di rendersi padroni del mondo, probabilmente non era che un effetto della gelosia. (ed. 1. 1665)
8. Le passioni sono i soli oratori che persuadono sempre. Esse sono come un'arte della natura le cui regole sono infallibili; e l'uomo più semplice che ha delle passioni persuade meglio del più eloquente che non ne ha. (ed. 1. 1665)
9. Le passioni hanno un'ingiustizia e un proprio interesse che fa si che sia pericoloso seguirle, e che se ne debba diffidare comunque anche se esse appaiono le più ragionevoli. (ed. 1. 1665)
10. Vi è nel cuore umano una generazione perpetua di passioni, in modo che la rovina di una è quasi sempre lo stabilirsi di un'altra. (ed. 1. 1665)
11. Le passioni generano spesso le passioni che sono a loro contrarie. L'avarizia produce qualche volta la prodigalità, e la prodigalità l'avarizia: si è spesso irremovibili per debolezza e audaci per timidezza. (ed. 1. 1665)
12. Qualsiasi cura si prenda di coprire le proprie passioni con delle apparenze di pietà e d'onore, esse appaiono comunque attraverso questi veli. (ed. 1. 1665)
13. Il nostro amor proprio soffre con più impazienza la condanna dei nostri gusti che delle nostre opinioni. (ed. 2. 1666)
14. Gli uomini non sono solamente soggetti a perdere il ricordo dei benefici e delle ingiurie: essi odiano lo stesso quelli che li hanno obbligati, e cessano di odiare quelli che li hanno oltraggiati. L'applicazione a ricompensare il bene, ed a vendicarsi del male loro sembra una servitù alla quale hanno pena di sottomettersi. (ed. 1. 1665)
15. La clemenza dei principi spesso non è che una politica per guadagnarsi l'affetto dei popoli. (ed. 1. 1665)
16. Questa clemenza di cui si fa una virtù si pratica un pò per vanità, qualche volta per debolezza, spesso per paura, e quasi sempre per tutte e queste cose tre insieme. (ed. 1. 1665)
17. La moderazione delle persone felici viene dalla calma che la buona fortuna da al loro umore. (ed. 1. 1665)
18. La moderazione è una paura di cadere nell'invidia e nel disprezzo che meritano quelli che si inebriano della loro felicità; è una vana ostentazione della forza del nostro spirito; e infine la moderazione degli uomini nel suo grado più alto è un desiderio di sembrare superiori alla propria fortuna. (ed. 1. 1665)
19. Abbiamo tutti abbastanza forza per sopportare il male altrui. (ed. 1. 1665)
20. La fermezza d'animo dei saggi non è che l'arte di chiudere la loro agitazione nel cuore. (ed. 1. 1665)
21. Quelli che sono condannati al supplizio affettano qualche volta una fermezza d'animo e un disprezzo della morte che non è in effetti che la paura di guardarla. Di modo che si può dire che questa costanza e questo disprezzo sono per il loro spirito quello che la benda è per i loro occhi. (ed. 1. 1665)
22. La filosofia trionfa con facilità dei mali passati e dei mali futuri. Ma i mali presenti trionfano di lei. (ed. 1. 1665)
23. Poche persone conoscono la morte. Non la si soffre ordinariamente per decisione, ma per stupidità e per costume; e la maggior parte degli uomini muoiono perché non possono impedirsi di morire. (ed. 1. 1665)
24. Quando i grandi uomini si lasciano abbattere dal prolungarsi degli infortuni fanno vedere che essi non erano sostenuti che dalla forza della loro ambizione, e non da quella della loro anima, e che, se non per la maggiore vanità, gli eroi sono fatti come gli altri uomini. (ed. 1. 1665)
25. Ci vogliono maggiori virtù per sostenere la buona fortuna come la cattiva. (ed. 1. 1665)
26. Il sole e la morte non si possono fissare. (ed. 1. 1665)
27. Ci si vanta spesso delle passioni anche le più criminali; ma l'invidia è una passione timida e vergognosa che non si osa mai confessare. (ed. 1. 1665)
28. La gelosia è in qualche modo giusta e ragionevole, poiché non tende che a conservare un bene che ci appartiene, o che crediamo che ci appartenga; come l'invidia è un furore che non può soffrire il bene degli altri. (ed. 1. 1665)
29. Il male che facciamo non ci attira tante persecuzioni e tanto odio quanto le nostre buone qualità. (ed. 1. 1665)
30. Noi abbiamo più forza che volontà; ed è sovente per scusarci a noi stessi che noi ci immaginiamo che le cose sono impossibili. (ed. 1. 1665)
31. Se noi non avessimo dei difetti, non ci prenderemmo tanto piacere scoprirne negli altri. (ed. 1. 1665)
32. La gelosia si nutre nei dubbi, e diviene furore, o finisce, quando si passi dal dubbio alla certezza. (ed. 1. 1665)
33. L'orgoglio si risarcisce sempre è non perde nulla allorquando rinuncia alla vanità. (ed. 1. 1665)
34. Se non avessimo orgoglio, non ci lamenteremmo di quello degli altri. (ed. 1. 1665)
35. L'orgoglio è uguale in tutti gli uomini, e non c'è di differenza che il modo e la maniera di mostrarlo. (ed. 1. 1665)
36. Sembra che la natura, che ha così saggiamente disposto gli organi del nostro corpo per renderci felici, ci abbia anche dato l'orgoglio per risparmiarci il dolore di conoscere le nostre imperfezioni. (ed. 1. 1665)
37. L'orgoglio ha maggior parte della bontà nei rimproveri che noi facciamo a coloro che commettono degli sbagli; e non li riprendiamo tanto per correggerli quanto per persuaderli che noi ne siamo esenti. (ed. 1. 1665)
38. Noi promettiamo secondo le nostre speranze, e manteniamo secondo i nostri timori. (ed. 1. 1665)
39. L'interesse parla ogni sorta di lingue, e gioca ogni sorta di parte, anche quella del disinteresse. (ed. 1. 1665)
40. L'interesse che acceca gli uni è la luce degli altri. (ed. 1. 1665)
41. Quelli che si applicano troppo alle piccole cose diventano ordinariamente incapaci delle grandi. (ed. 1. 1665)
42. Noi non abbiamo abbastanza forza per seguire tutta la nostra ragione. (ed. 1. 1665)
43. L'uomo crede spesso di condursi quando invece è condotto; e mentre con lo spirito tende da una parte, il suo cuore lo sospinge insensibilmente da un'altra. (ed. 1. 1665)
44. La forza e la debolezza dello spirito sono mal nominate; esse non sono in effetti che la buona o la cattiva disposizione degli organi del corpo. (ed. 1. 1665)
45. Il capriccio del nostro umore è ancora più bizzarro di quello della fortuna. (ed. 1. 1665)
46. L'attaccamento o l'indifferenza che i filosofi avevano per la loro vita non era che una particolarità del loro amor proprio, di cui non si deve discutere più che dei gusti del palato o della scelta dei colori. (ed. 1. 1665)
47. Il nostro umore assegna il prezzo a tutto quello che viene dalla fortuna. (ed. 2. 1666)
48. La felicità è nel gusto e non nelle cose; ed è nell'avere ciò che si ama che si è felici e non nell'avere ciò che gli altri trovano desiderabile. (ed. 1. 1665)
49. Non si è mai così felici né così infelici come si crede. (ed. 1. 1665)
50. Quelli che credono di avere delle capacità si fanno un onore di essere sventurati, per dimostrare agli altri ed a se stessi di essere esposti alla sorte.
51. Nulla deve diminuire la stima che abbiamo di noi stessi più che vedere che disapproviamo oggi quello che approvavamo ieri.
52. Per quanta differenza appaia tra le fortune degli uomini, c'è nondimeno una certa compensazione dei beni e dei mali che li pareggia.
53. Per quanti doni elargisca la natura, non è essa sola, ma la fortuna con lei che fa gli eroi. (ed. 1. 1665)
54. Il disprezzo delle ricchezze era nei filosofi un desiderio nascosto di vendicare il loro merito dall'ingiustizia della sorte disprezzando quegli stessi beni di cui essa li privava; era un mezzo per garantirsi dall'avvilimento della povertà; era un cammino deviato per raggiungere quella considerazione che essi non potevano ottenere attraverso le ricchezze. (ed. 1. 1665)
55. L'odio per i favoriti non è altro che l'amore per il favore. Il dispetto di non possederlo si consola e si addolcisce col disprezzo che si dimostra per coloro che ne godono; e noi rifiutiamo loro i nostri omaggi, non potendo togliere loro ciò che glieli attira da tutti. (ed. 1. 1665)
56. Per arrivare farsi una buona posizione nel mondo, si fa tutto quello che si può per far credere di averla già. (ed. 1. 1665)
57. Benché gli uomini si vantino delle loro grandi imprese, esse spesso non sono l'effetto di un grande disegno, ma del caso. (ed. 1. 1665)
58. Sembra che le nostre azioni abbiano delle stelle fortunate o sfortunate da cui devono in gran parte la lode o il biasimo che ricevono. (ed. 1. 1665)
59. Non c'è avvenimento così disgraziato da cui le persone astute non possano avere qualche vantaggio, né avvenimento cos' fortunato che gli imprudenti non possano rivolgere a loro danno. (ed. 1. 1665)
60. La fortuna va tutta a vantaggio di coloro che favorisce. (ed. 1. 1665)
61. La felicità o l'infelicità degli uomini non dipende meno dal loro umore che dalla fortuna. (ed. 1. 1665)
62. La sincerità è una apertura del cuore. La si trova molto di rado; e quello che si vede d'ordinario non è che una fine dissimulazione per attirare le confidenze degli altri. (ed. 1. 1665)
63. L'avversione per la menzogna è spesso una impercettibile ambizione di renderci testimoni attendibili e di attirare sulle nostre parole un rispetto religioso. (ed. 1. 1665)
64. La verità non fa tanto bene nel mondo quanto le sue apparenze vi fanno di male. (ed. 1. 1665)
65. Non ci sono elogi sufficienti per la prudenza. Sebbene essa non saprebbe metterci al riparo dal minino accidente. (ed. 1. 1665)
66. Un uomo abile deve regolare l'importanza dei propri interessi e ricondurli ciascuno al suo ordine. La nostra avidità spesso ci fa correre dietro tante cose, per desiderare troppo le cose meno importanti si fallisce quelle degne di considerazione. (ed. 1. 1665)
67. La grazia è per il corpo quello che per lo spirito è il buon senso. (ed. 2. 1666)
68. E' difficile definire l'amore.Quello che se ne può dire è che nell'anima è un desiderio di dominare, nello spirito è una simpatia, e nel corpo non è che un desiderio nascosto e delicato di possedere quello che si ama dopo molti misteri. (ed. 1. 1665)
69. Se c'è un amore puro ed esente da misture con altre passioni, questo è quello nascosto al fondo del nostro cuore, e che noi stessi ignoriamo. (ed. 1. 1665)
70. Non c'è travestimento che possa alla lunga nascondere l'amore quando c'è, né fingerlo quando non c'è. (ed. 1. 1665)
71. Non ci sono molte persone che non si vergognino d'essersi amate quando non si amano più. (ed. 5. 1678)
72. Se si giudica l'amore per la maggior parte dei suoi effetti, assomiglia di più all'odio che all'amicizia. (ed. 1. 1665)
73. Si possono trovare delle donne che non hanno mai avuto avventure galanti; ma è raro trovarne che ne abbiano avuta una sola. (ed. 1. 1665)
74. Non c'è che una sola specie d'amore, ma ce ne sono mille differenti copie. (ed. 1. 1665)
75. L'amore così come il fuoco non può sussistere senza un movimento continuo; e cessa di vivere da quando cessa di sperare o di temere. (ed. 1. 1665)
76. Del vero amore come dell'apparizione degli spiriti ne parlano tutti, ma pochi ne hanno visti. (ed. 1. 1665)
77. L'amore presta il suo nome ad un numero infinito di commerci che gli si attribuiscono, e dove non ha maggior parte che il Doge in ciò che si fa a Venezia. (ed. 1. 1665)
78. L'amore per la giustizia non è nella maggioranza degli uomini che il timore di dover soffrire l'ingiustizia. (ed. 1. 1665)
79. Il silenzio è il partito più sicuro per chi diffida di se stesso. (ed. 1. 1665)
80. Quello che ci rende così volubili nelle nostre amicizie , è che è difficile conoscere le qualità dell'anima, e facile conoscere quelle dello spirito. (ed. 1. 1665)
81. Noi non possiamo amare nulla se non in rapporto a noi stessi, e non facciamo che seguire il nostro gusto e il nostro piacere quando preferiamo i nostri amici a noi stessi; nondimeno è solo per questa preferenza che ci può essere vera e perfetta amicizia. (ed. 1. 1665)
82. La riconciliazione con i nostri nemici non è che un desiderio di rendere la nostra condizione migliore, una stanchezza nel contendere, e il timore di qualche cattivo evento. (ed. 1. 1665)
83. Quello che gli uomini hanno chiamato amicizia non è che una società, che una associazione di interessi reciproci, e che uno scambio di buoni uffici; non altro che un commercio in cui l'amor proprio si propone sempre di guadagnare qualcosa. (ed. 1. 1665)
84. È più vergognoso diffidare dei propri amici che esserne ingannati. (ed. 2. 1666)
85. Noi ci persuadiamo spesso d'amare le persone più potenti di noi; e nondimeno è soltanto l'interesse che produce la nostra amicizia. Noi non ci diamo a esse per il bene che vogliamo fare loro, ma per quello che ne vogliamo ricevere. (ed. 1. 1665)
86. La nostra diffidenza giustifica l'inganno altrui. (ed. 2. 1666)
87. Gli uomini non vivrebbero a lungo in società se non fossero il minchione uno dell'altro. (ed. 5. 1678)
88. L'amor proprio aumenta o diminuisce le buone qualità dei nostri amici in proporzione della soddisfazione che abbiamo da essi; e giudichiamo del loro merito per il modo con cui essi si comportano con noi. (ed. 1. 1665)
89. Tutti si lamentano della propria memoria, nessuno si lamenta del proprio giudizio. (ed. 2. 1666)
90. Riusciamo più spesso a piacere, nel commercio della vita, per i nostri difetti che per le nostre buone qualità. (ed. 5. 1678)
91. La più grande ambizione non ne ha la minima apparenza quando si trovi nell'impossibilità assoluta di arrivare a ciò che aspira. (ed. 2. 1666)
92. Disingannare un uomo convinto del proprio merito è rendergli un pessimo servizio, come quello reso a quel folle d'Atene che credeva suoi tutti i vascelli che entravano nel porto. (ed. 2. 1666)
93. I vecchi amano dare dei buoni consigli, per consolarsi di non essere più in grado di dare dei cattivi esempi. (ed. 1. 1665)
94. I grandi nomi abbassano, invece di elevare, quelli che non li sanno sostenere. (ed. 2. 1666)
95. Il segno di un merito straordinario è vedere che quanti maggiormente l'invidiano sono costretti a lodarlo. (ed. 2. 1666)
96. Quell'uomo è ingrato, chi e meno colpevole della sua ingratitudine di colui che gli ha fatto del bene. (ed. 5. 1678)
97. Ci si è sbagliati quando si è creduto che lo spirito e il giudizio fossero due cose differenti. Il giudizio non è che la grandezza della luce dello spirito; questa luce penetra il fondo delle cose; nota in esse tutto ciò che vi è di notevole e percepisce quelle che sembrano impercettibili. Si deve pertanto convenire che è la potenza della luce dello spirito che produce tutti quegli effetti che vengono attribuiti al giudizio. (ed. 1. 1665)
98. Tutti vantano il proprio cuore e nessuno osa vantare il proprio spirito. (ed. 1. 1665)
99. La pulizia di spirito consiste nel pensare delle cose oneste e delicate. (ed. 1. 1665)
100. La galanteria di spirito e di dire delle cose gentili in modo gradevole. (ed. 1. 1665)
101. Accade spesso che delle cose si presentano più rifinite al nostro spirito come non le si potrebbe fare con molta arte. (ed. 1. 1665)
102. Lo spirito e sempre il minchione del cuore. (ed. 1. 1665)
103. Tutti coloro che conoscono il proprio spirito non conoscono il loro cuore. (ed. 1. 1665)
104. Gli uomini e gli affari hanno il loro punto di vista. Ve ne sono di quelli che bisogna vederli da vicino per ben giudicarli e altri di cui non si giudica mai così bene come quando ci si è allontanati. (ed. 1. 1665)
105. Non è ragionevole colui a cui il caso fa trovare la ragione, ma colui che la conosce, la discerne, la apprezza. (ed. 1. 1665)
106. Per conoscere bene le cose, bisogna conoscerne i dettagli; e siccome questi sono quasi infiniti, le nostre conoscenze sono sempre superficiali e imperfette. (ed. 1. 1665)
107. È una specie di civetteria far notare che non lo si fa mai. (ed. 2. 1666)
108. Lo spirito non saprebbe giocare a lungo la parte del cuore. (ed. 2. 1666)
109. La gioventù cambia di gusto per l'ardore del sangue, e la vecchiaia conserva i suoi per abitudine. (ed. 1. 1665)
110. Non si regala niente così liberalmente come i propri consigli. (ed. 1. 1665)
111. Più si ama un'amante, e più si è vicini ad odiarla. (ed. 2. 1666)
112. I difetti dello spirito aumentano invecchiando come quelli del viso. (ed. 2. 1666)
113. Ci sono dei buoni matrimoni, ma non ce ne sono di deliziosi. (ed. 2. 1666)
114. Non possiamo consolarci d'essere ingannati dai nemici, e traditi dagli amici, e siamo invece spesso soddisfatti d'esserlo da noi stessi. (ed. 1. 1665)
115. È altrettanto facile ingannare noi stessi senza accorgercene, quanto è difficile ingannare gli altri senza che se ne accorgano. (ed. 1. 1665)
116. Nulla di meno sincero della maniere di dare e chiedere consigli. Colui che li chiede sembra avere una rispettosa deferenza per le opinioni dell'amico, mentre non pensa invece che a fargli approvare le proprie, ed a renderlo garante della sua condotta. E colui che consiglia ripaga la fiducia dimostratagli con zelo ardente e disinteressato, mentre non cerca il più delle volte con i suoi consigli che il proprio interesse o la propria gloria. (ed. 1. 1665)
117. La più sottile astuzia è saper fingere bene di cadere nelle insidie che ci vengono tese, e non si è mai così facilmente ingannati come quando ci si impegna ad ingannare gli altri. (ed. 1. 1665)
118. L'intenzione di non ingannare mai ci espone ad essere spesso ingannati. (ed. 1. 1665)
119. Siamo così abituati a mascherarci agli altri che alla fine ci mascheriamo a noi stessi. (ed. 1. 1665)
120. Si tradisce più spesso per debolezza che per un proposito determinato di tradire. (ed. 1. 1665)
121. Spesso si fa del bene per poter impunemente fare del male. (ed. 1. 1665)
122. Se resistiamo alle nostre passioni è più per la loro debolezza che per la nostra forza. (ed. 2. 1666)
123. Non avremmo molto di che godere se non ci adulassimo mai. (ed. 2. 1666)
124. I più abili ostentano durante tutta la loro vita di condannare le furberie, per poi servirsene in qualche grande occasione, o per qualche importante interesse. (ed. 1. 1665)
125. L'uso abituale della furbizia è il segno di uno spirito limitato, e accade quasi sempre che chi se ne serve per coprirsi da un lato si scopre dall'altro. (ed. 1. 1665)
126. Le furberie e i tradimenti non derivano che da mancanza di abilità. (ed. 1. 1665)
127. Il vero mezzo per farsi ingannare, è di credersi più furbi degli altri. (ed. 1. 1665)
128. La troppa sottigliezza è una falsa finezza, e la vera finezza è una solida sottigliezza. (ed. 1. 1665)
129. Talvolta è sufficiente essere grossolani per non essere ingannati da un uomo abile. (ed. 1. 1665)
130. La debolezza è il solo difetto che non si possa correggere. (ed. 2. 1666)
131. Il minor difetto delle donne che si sono abbandonate a fare l'amore è fare l'amore. (ed. 2. 1666)
132. È è più facile essere saggi per gli altri che per se stessi. (ed. 1. 1665)
133. Le sole copie buone sono quelle che ci fanno vedere il ridicolo dei cattivi originali. (ed. 2. 1666)
134. Non si è mai tanto ridicoli per le qualità che si hanno quanto per quelle che si finge di avere. (ed. 1. 1665)
135. Si è qualche volta più differenti da se stessi che dagli altri. (ed. 1. 1665)
136. Ci sono persone che non si sarebbero mai innamorate se non avessero mai sentito parlare d'amore. (ed. 2. 1666)
137. Si parla poco quando la vanità non fa parlare. (ed. 1. 1665)
138. Si ama di più dire male di se stessi che non dirne nulla. (ed. 1. 1665)
139. Uno dei motivi per cui si trovano così poche persone che sembrano ragionevoli e piacevoli nel conversare, è che quasi tutti pensano piuttosto a quello ch'essi vogliono dire, che non a rispondere a tono a quel che loro viene detto. I più abili e i più compiacenti si accontentano di mostrare attenzione mentre si vede nei loro occhi e nel loro spirito un disinteresse per tutto quello che viene loro detto, e una gran fretta di ritornare a quello che volevano dire loro; invece di considerare che è un cattivo mezzo per piacere agli altri o per persuaderli, quello di cercare tanto di piacersi, e che ascoltare bene e rispondere bene è una delle maggiori perfezioni a cui l'uomo possa giungere nel conversare. (ed. 1. 1665)
140. Un uomo di spirito sarebbe spesso in imbarazzo senza la compagnia degli sciocchi. (ed. 1. 1665)
141. Ci vantiamo spesso di non annoiarci; e siamo così vanagloriosi che non vogliamo trovarci di cattiva compagnia. (ed. 1. 1665)
142. Se la caratteristica degli spiriti grandi è di far intendere con poche parole molte cose, gli spiriti piccoli al contrario hanno il dono di parlare molto e non dire nulla. (ed. 1. 1665)
143. È piuttosto per la stima dei nostri sentimenti che noi esageriamo le buone qualità degli altri, e non per la stima che abbiamo di loro; vogliamo attirarci delle lodi, mentre sembra che lodiamo gli altri. (ed. 1. 1665)
144. Noi non amiamo affatto lodare, e non lodiamo nessuno senza interesse. La lode è una adulazione scaltra, nascosta e raffinata, che soddisfa in modo diverso chi la dà e chi la riceve. L'uno la prende come una ricompensa del suo merito; l'altro la dà per far rilevare la sua equità e il suo discernimento. (ed. 1. 1665)
145. Noi scegliamo spesso delle lodi avvelenate che fanno vedere per contraccolpo in coloro che lodiamo quei difetti che non oseremmo scoprire in altro modo. (ed. 1. 1665)
146. Non si loda di solito che per essere lodati. (ed. 1. 1665)
147. Pochi sono abbastanza saggi da preferire il biasimo che giova alla lode che tradisce. (ed. 1. 1665)
148. Ci sono dei rimproveri che lodano e delle lodi che diffamano. (ed. 1. 1665)
149. Respingere le lodi è un desiderio d'essere lodati due volte. (ed. 1. 1665)
150. Il desiderio di meritarci le lodi che ci vengono fatte fortifica la nostra virtù; e quelle che ci fanno allo spirito, al valore e alla bellezza contribuiscono ad aumentarla. (ed. 1. 1665)