NUOVA Procedura di log in
Salve a tutti, per chi non si fosse ancora adeguato al nuovo forum: PROCEDURA LOG IN DA VECCHIO FORUM
Per chi ha già provveduto ad effettuare il primo accesso: ACCEDI
Nel caso incontraste ancora difficoltà potete far uso della mail sottostante per segnalare problemi.
admin@freeforumzone.com
 

L'angolo delle....parole

Ultimo Aggiornamento: 26/09/2005 09:47
Autore
Stampa | Notifica email    
Post: 3.550
Città: CODROIPO
Occupazione: Responsabile marketing
Monsterista implume
OFFLINE
17/06/2005 14:22
 
Quota



451. Non vi sono sciocchi più fastidiosi degli sciocchi di spirito. (ed. 5. 1678)

452. Non vi è nessun uomo che si creda in ciascuna delle sue qualità al di sotto dell'uomo che egli stima di più. (ed. 5. 1678)

453. Nelle grandi imprese più che sforzarsi di far nascere le occasioni, bisogna saper approfittare di quelle che si presentano. (ed. 5. 1678)

454. Non c'è forse occasione in cui si possa fare un cattivo affare rinunciando al bene che si dice di noi, a patto che non se ne dica nemmeno alcun male. (ed. 5. 1678)

455. Per quanto la gente sia incline a mal giudicare, si usa ancora più spesso indulgenza al falso merito che non ingiustizia al vero merito. (ed. 5. 1678)

456. Si può talvolta essere sciocchi pur avendo ingegno, ma non lo si è mai se si ha giudizio. (ed. 5. 1678)

457. Ci guadagneremmo di più a lasciarci vedere come siamo che a cercare di apparire come non siamo. (ed. 5. 1678)

458. Si avvicinano di più alla verità i nostri nemici, nel concetto che si fanno di noi, di quanto non ci avviciniamo noi stessi. (ed. 5. 1678)

459. Vi sono parecchi rimedi per guarire dall'amore, ma nessuno è infallibile. (ed. 5. 1678)

460. Siamo ben lontani dal conoscere tutto ciò che le nostre passioni ci fanno fare. (ed. 5. 1678)

461. La vecchiaia è un tiranno che vieta sotto pena di morte tutti o piaceri della giovinezza. (ed. 5. 1678)

462. Il medesimo orgoglio che ci fa biasimare i difetti da cui noi ci crediamo esenti ci fa disprezzare le buone qualità che noi non abbiamo. (ed. 5. 1678)

463. Vi è sovente più orgoglio che bontà nel compiangere le disgrazie dei nostri nemici; solo per mostrare che siamo superiori a loro li gratifichiamo dei segni della nostra compassione. (ed. 5. 1678)

464. C'è un eccesso di bene e di male che oltrepassa la nostra sensibilità. (ed. 5. 1678)

465. L'innocenza è ben lontana dal trovare tanta protezione quanto il crimine. (ed. 5. 1678)

466. Di tutte le passioni violente quella che disdice meno alle donne, è l'amore. (ed. 5. 1678)

467. Ci fa fare più cose contrarie al nostro gusto la vanità che la ragione. (ed. 5. 1678)

468. Vi sono delle cattive qualità che producono dei grandi talenti. (ed. 5. 1678)

469. Non si desidera mai ardentemente ciò che si desidera solo con la ragione. (ed. 5. 1678)

470. Tutte le nostre qualità sono incerte e dubbiose nel bene come nel male, e sono quasi tutte alla mercé delle occasioni. (ed. 5. 1678)

471. Nei loro primi amori le donne amano l'amante, nei successivi amano l'amore. (ed. 5. 1678)

472. L'orgoglio ha le sue bizzarrie come tutte le altre passioni; si ha vergogna di confessare che si è al presente gelosi, e ci si fa un vanto di esserci caduti in passato e di poterci ricadere. (ed. 5. 1678)

473. Per quanto sia raro il vero amore è ancora più rara la vera amicizia. (ed. 5. 1678)

474. È raro che il merito delle donne duri più a lungo della loro bellezza. (ed. 5. 1678)

475. Il desiderio di essere compianti o di essere ammirati è quello che più frequentemente ci spinge a confidarci con gli altri. (ed. 5. 1678)

476. La nostra invidia dura più a lungo della felicità di quelli che invidiamo. (ed. 5. 1678)

477. La stessa fermezza che serve a resistere all'amore serve anche a renderlo violento e duraturo; gli animi fiacchi che sono sempre agitati da passioni non ne sono quasi mai veramente riempiti. (ed. 5. 1678)

478. L'immaginazione non potrebbe inventare tanti diversi contrasti quanti ce ne sono naturalmente nel cuore di ogni uomo. (ed. 5. 1678)

479. Solo le persone di carattere fermo possono essere dotate di vera dolcezza; quelle che sembrano d'animo dolce non hanno il più delle volte che debolezza, che si converte facilmente in asprezza. (ed. 5. 1678)

480. La timidezza è un difetto tale che è pericoloso riprendere le persone che si vorrebbe correggere. (ed. 5. 1678)

481. Nulla è più raro della vera bontà; quelli che credono di averne non hanno il più delle volte che della compiacenza o della debolezza. (ed. 5. 1678)

482. Lo spirito si attacca per pigrizia o per costanza a ciò che è facile o gradevole; quest'abitudine mette sempre un limite al nostro sapere, e non c'è mai stato nessuno che si sia dato pena di estendere e condurre il suo spirito fin la dove sarebbe potuto andare. (ed. 5. 1678)

483. Di solito si è più maldicenti per vanità che per malizia. (ed. 5. 1678)

484. Siamo più facilmente preda di una passione nuova quando il nostro cuore è ancora agitato dagli ultimi guizzi di una passione che quando siamo interamente guariti. (ed. 5. 1678)

485. Coloro che hanno avuto qualche grande passione si ritrovano per tutta la vita felici e infelici d'esserne guariti. (ed. 5. 1678)

486. Sono più numerose le persone senza interesse di quelle senza invidia. (ed. 5. 1678)

487. Abbiamo più pigrizia nello spirito che nel corpo. (ed. 5. 1678)

488. Il nostro umore tranquillo o agitato dipende non tanto dalle cose più gravi che ci capitano nella vita, quanto dall'assestamento comodo o spiacevole di quelle piccole cose che ci capitano tutti i giorni. (ed. 5. 1678)

489. Per quanto malvagi possano essere gli uomini, non osano mai mostrarsi nemici della virtù, e quando vogliono perseguitarla fingono di crederla falsa, o le attribuiscono dei delitti. (ed. 5. 1678)

490. Si passa spesso dall'amore all'ambizione, ma non si ritorna mai dall'ambizione all'amore. (ed. 5. 1678)

491. L'estrema avarizia si sbaglia quasi sempre; non vi è passione che si allontani più spesso dal suo scopo, né su cui il presente abbia tanto potere a scapito dell'avvenire. (ed. 5. 1678)

492. L'avarizia produce spesso effetti contrari: vi è un'infinità di persone che sacrificano tutto il loro avere a speranze dubbie e lontane, mentre altri disprezzano i più grandi vantaggi futuri per piccoli interessi presenti. (ed. 5. 1678)

493. Pare che gli uomini trovino di non avere già abbastanza difetti, perché ne accrescono ancora il numero con certe singole qualità di cui ostentano ornarsi, e le coltivano con tanta cura che finiscono col diventare difetti naturali, dai quali non dipende più da loro correggersi. (ed. 5. 1678)

494. Ciò che mostra che gli uomini conoscono le loro colpe meglio di quanto non si creda è che non hanno mai torto quando parlano ciascuno della propria condotta; quello stesso amor proprio che di solito li acceca, in quel momento li illumina e li guida così bene che li conduce a sopprimere o mascherare anche le minime cose che potrebbero essere riprovate. (ed. 5. 1678)

495. Bisogna che i giovani, al loro entrare nella vita mondana, siano o vergognosi o storditi: un'aria franca e sufficiente si converte di solito in impertinenza. (ed. 5. 1678)

496. Le liti non durerebbero a lungo se il torto fosse da una sola parte. (ed. 5. 1678)

497. Non serve esser giovane senz'esser bella, né esser bella senza esser giovane. (ed. 5. 1678)

498. Vi sono delle persone così leggere e così frivole che sono lontane dall'aver tanto dei difetti quanto delle solide virtù. (ed. 5. 1678)

499. Non si conta la prima avventura galante di una donna se non quando ne ha una seconda. (ed. 5. 1678)

500. Vi sono certe persone così piene di sé che, quando sono innamorate, trovano modo d'essere occupate dalla propria passione senz'essere occupate della persona che amano. (ed. 5. 1678)

501. L'amore, così gradito com'è, piace ancor meglio per i modi con cui si mostra, che per se stesso. (ed. 5. 1678)

502. Poco spirito e mente diritta annoiano meno, a lungo andare, che molto spirito e stramberia. (ed. 5. 1678)

503. La gelosia è il più grande di tutti i mali, e quello che ispira meno pietà a chi ne è causa. (ed. 5. 1678)

504. Dopo aver parlato della falsità di tante virtù apparenti, è bene dire qualche cosa della falsità del disprezzo della morte. Intendo parlare di quel disprezzo della morte che i pagani si vantano di trarre dalle proprie forze, senza la speranza di una migliore vita. Altro è soffrire la morte con fermezza, altro è disprezzarla. La prima cosa è abbastanza comune, ma l'altra credo che non sia mai sincera. È stato scritto nondimeno tutto quanto potrebbe in qualche modo persuadere che la morte non è un male; e gli uomini più deboli, non meno degli eroi, hanno fornito esempi per sostenere questa opinione. Tuttavia dubito che qualunque uomo di buon senso vi abbia mai creduto; e lo stesso gran daffare con cui si tenta di persuadere gli altri e se stessi mostra chiaramente che non è facile impresa. Si possono aveve vari motivi di disgusto nella vita, ma non si ha mai ragione di disprezzare la morte; quelli stessi che ci vanno incontro volontariamente non la tengono poi in così poco conto, e se ne spaventano e la respingono come tutti gli altri, se si presenta loro per una via diversa da quella che essi stessi hanno scelto. La variabilità che si nota nel coraggio di moltissmi uomini valorosi viene da questo: che la morte si manifesta in modo diverso alla loro immaginazione, e la impressiona più vivamente in certi momenti che in altri. Così capita che, dopo aver disprezzato ciò che non conoscevano, temono alla fine ciò che conoscono. Bisogna evitare di considerarla con tutte queste circostanze, se non si vuol credere che sia il più grande di tutti i mali. I più accorti e i più valorosi sono quelli che prendono i più plausibili pretesti per evitare di guardarla in faccia; ma ogni uomo che sa vederla qual'è trova che è una cosa spaventosa. La necessità di morire costituiva tutta la fermezza dei filosofi. Essi ritenevano che era meglio andare di buon animo là dove non si poteva fare a meno di andare e, non potendo rendere eterna la vita, non tralasciavano nulla per rendere eterna la loro reputazione e salvare dal naufragio ciò che poteva ancora essere salvato. Contentiamoci di far buon viso, di non dire a noi stessi tutto quel che ne pensiamo, e confidiamo più nel nostro temperamento che in quei deboli ragionamenti che ci fanno credere ci si possa accostare alla morte con indifferenza. La gloria di morire con fermezza, la speranza d'essere rimpianti, il desiderio di lasciare bella fama di sé, la certezza di essere affrancati dalle mserie della vita e di non dipendere più dai capricci della fortuna non sono rimedi che si debbano trascurare. Ma non si deve nemmeno credere che siano rimedi infallibili. Essi servono a rinfrancarci, così come una semplice siepe serve, in un combattimento, a rinfrancare quelli che devono avvicinarsi a un luogo da cui si spara. Finché sono lontani s'immaginano che possa ripararli; come poi sono sotto, trovano che è un ben misero riparo. È un'illusione credere che la morte ci sembri da vicino quel che ne arguimmo da lontano, e che i nostri sentimenti, tutti pieni di debolezza, siano di tal tempra da non lasciarsi scuotere dalla più rude delle prove. È pure misconoscere gli effetti dell'amor proprio pensare ch'esso possa aiutarci a non far caso di ciò che lo deve necessariamente distruggere; e la ragione, nella quale si presume di trovare tanti aiuti, è troppo debole in questa circostanza, e non può affatto persuaderci come noi vorremmo. Anzi, è proprio lei che ci tradisce il più delle volte e, invece di ispirarci il disprezzo della morte, serve a farci vedere quel che essa ha di cupo e terribile. Tutto ciò che può fare per noi è di consigliarci a distogliere gli occhi per fissarli su altri oggetti. Catone e Bruto ne scelsero di illustri. Un servo si contentò, qualche tempo fa, di ballare sul patibolo dove doveva essere arrotato. Così, benché i motivi siano diversi, producono gli stessi effetti. È vero pertanto che, qualunque sproporzione vi sia tra i grandi uomini e la gente comune, si sono visti mille volte e questi e quelli accogliere la morte con lo stesso viso; sempre peraltro con questaa differenza che, nel disprezzo che i grandi uomini mostrano per la morte, è l'amore della gloria che nasconde ai loro occhi la vista della morte, e nella gente comune, non è che un effetto di pochezza della mente, per cui non possono conoscere la grandezza del male che li attende, e restano liberi di pensare ad altro. (ed. 1. 1665)
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:19. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com