L'industria motociclistica in Emilia Romagna

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pico66
00mercoledì 12 gennaio 2005 12:22
Questo ve lo giro e penso vi interesserà: [SM=x35577]

C'è un signore che ha un nome impressionante: Massimo Tamburini. Voglio dire, il nome in sé non ha niente di speciale. Il fatto è che Massimo Tamburini è uno che tutte le volte che fa una moto gli altri dicono: “Quell’uomo è un artista”. Oppure dicono: “Quell’uomo è un genio”. Bello, dici? Mica tanto, mi sa. Sommario

Bella responsabilità, questo sì. O magari è bello veramente, gli basta fare le moto che ha in mente, poi si scopre che sono le moto che avevano in mente tutti, solo che non avevano mai pensato di costruirle. La Paso 750. La Freccia 125. La 916. La MV F4. Le aspettavano un po’ tutti, senza saperlo. Lui le ha fatte, invece. Allora se c’è un ingrediente che fa materializzare i sogni, questa volta devo proprio scoprirlo. Per andare a parlare con Tamburini, pensate un po’, bisogna andare all’estero. La quintessenza della creatività italiana lavora infatti alla CRC a San Marino. Mentre ci andavo, mi chiedevo cosa era venuto a fare, a San Marino, un romagnolo come lui. Intanto, però, guardavo fuori per strada, tutte le macchine con le targhe sanmarinesi, poi le ragazze sanmarinesi, e mi dicevo: il Paese delle Belle Donne. Tamburini, per dire, ha la moglie di San Marino, si vede che il fatto delle belle donne lo aveva già notato.

Il maestro arriva, subito parliamo di questa terra che vi fa fare le moto così bene? “Eh, le moto - mi dice - abbiamo questo male nel sangue, io poi fin da piccolo, mi ricordo”. Da piccolo, come mai? C’entra mica la famiglia, per caso? “C’entra, sì. Mio padre era appassionato motociclista. Sarebbe piaciuto anche a lui fare le moto, ma siccome le opportunità non capitano tutti i giorni, rinunciò; dopo, fu ben felice di vedere in me la continuazione della sua grande passione.” Ma i progetti di Tamburini come ci sono finiti in MV Agusta? Tutto nasce al Salone di Milano del 1969, quando viene mostrata la prima maxi moderna, la Honda CB750. Nel riminese, le prime si vedono nel ‘70, e già nel 1971, a 27 anni, comincia a "pasticciare’’ su questa moto. E’ poi la volta di una MV - quando si dice il destino - modificata eliminando il cardano e intervenendo su tutta la ciclistica, oltre che sul motore. La moto viene bene e sull’onda dell’entusiasmo Tamburini e Morri insieme a Bianchi decidono di mettersi a produrre parti speciali. Nel 1973 debutta la Bimota. Dopo 10 anni Tamburini se ne va, entra nel Team Gallina che ha sede a Rimini. Lì nascono una 500 GP per Uncini e finalmente, nel 1984, una 125 sportiva per la Cagiva: la Aletta Oro, che rimane nel cuore di molti appassionati (tra cui il sottoscritto). Siamo già arrivati al dunque. Castiglioni, che vede lontano, si innamora della moto e propone a Gallina di rilevare la sede di Rimini. Nell’85 la squadra riminese di Tamburini entra quindi nel Gruppo Cagiva, che comprende da poco la Ducati (e la Moto Morini), molto bisognosa di cure. La sede, per potersi ingrandire, continua a spostarsi, e lo fa in direzione di San Marino: un segno del destino. Nel 1993 la CRC entra a San Marino, insediandosi in un’ex fabbrica di gelati. A San Marino, quando la Ducati comincia a parlare un po’ troppo americano, si mettono a fare le MV Agusta.

L’aria, è sempre l’aria di Romagna? chiedo a Mr. T. “E’ proprio quella” risponde. “La gente è la stessa”. Mi racconta delle cose un po’ leggendarie, dopo, un po’ felliniane. Racconta di quando la domenica sera non c’era la televisione, me lo immagino che ascoltava alla radio i risultati del Mondiale, con papà Tamburini. Tifava MV, magari. Macché, mi dice, Gilera. “La 500 Saturno, sarà stata un’impressione, io la vedevo più sportiva della Guzzi, la preferivo”. Che bella notizia, ho pensato a voce alta, adesso che Piaggio/Gilera hanno acquistato la MV potrà finalmente farne una. “A dire la verità mi piacerebbe di più fare un grosso scooter, che rompa col passato e dia alla Piaggio quel ritorno di immagine che ultimamente ha perso. La tecnologia ce l’abbiamo, il progetto non si scontra con la nostra storia, è una bella sfida”.
Lo vedi, allora, che uno con la passione sincera non vuole fare solo le moto da trecento all’ora. No: vuol fare una bella moto, punto. “E certo, tra la Mito, la 916 e la Brutale non c’è un metro diverso: ci sono lo stesso approccio, lo stesso impegno.” Provo a farmi chiarire la faccenda delle moto che ha in mente, di volta in volta: la faccenda di come nascono le idee di questo vulcano coi capelli bianchi. “Non è facile da spiegare, diciamo che seguo un tema, per esempio quando si doveva fare la 916 si voleva una nuova Ducati: cioè una moto che non fosse una giapponese, che non fosse però nemmeno una Ducati di quelle che c’erano già. Io in quel periodo riflettevo sul fatto che le auto erano molto più riconoscibili delle moto nella parte posteriore, che le auto si potevano anche riconoscere da lontano, le moto no. Così è nata l’idea degli scarichi alti, un po’ per esigenze di piega, un po’ per dare personalità nella parte posteriore. Anche la F4 era un tema difficile: bisognava fare qualcosa che non fosse giapponese e che non fosse Ducati, e richiamarsi al passato non si poteva, perché le vecchie MV di serie non erano prodotti paragonabili a quelle da corsa”.

Improvvisamente, mentre penso che Tamburini è proprio stato l’uomo giusto al momento giusto, come si dice, mi viene in mente che magari è stato un momento irripetibile della storia, che ha permesso a questo romagnolo di emergere, di fare quello che voleva. Ma un ragazzo del secolo nuovo, gli chiedo, potrebbe diventare come lui? Ci pensa un pochino, prima di rispondere. “In tutti questi anni, il cambiamento c’è stato, legato al miglioramento delle condizioni di vita. Oggi si è meno disposti al sacrificio, a tirare la notte e i sabati se c’è necessità, come si faceva una volta. Oggi i giovani non lo accettano più, non li biasimo nemmeno”, considera. “Oggi è anche l’era della specializzazione. Mi è capitato, in Giappone, di stare a parlare al tavolo con 11 persone, uno parte termica, uno frizione, uno cambio e nessuno che sapeva niente del resto... Eppure non si può mica dire che i giapponesi le moto non le sappiano fare. A far le scelte che ho fatto sono stato anche costretto: per mancanza di soldi, non si poteva prendere uno specialista, imparavo tutto un po’ per volta io. Oggi un’azienda non si può più permettere di far fare un percorso del genere ad un assunto, farlo passare per tutti i reparti, con i tempi che stringono. D’altra parte non ho mai creduto che lo stilista puro sia il futuro della moto. Ho girato le migliori scuole di design, in Inghilterra, in Svizzera: mi sono guardato attorno, e mi sono convinto che la moto bisogna sapere com’è fatta, e saperlo bene! Ma mi sto organizzando per mantenere la continuità, non è giusto che questo Centro dipenda troppo da me. In una buona organizzazione, tutti sono utili e nessuno è indispensabile. Qui si ascoltano le idee di tutti, anche dell’ultimo assunto.” Oh, questa cosa del sistema e dei singoli me la dicono tutti, in questi giorni. Il sistema, penso, ce l’hanno i giapponesi, gli americani, ce l’hanno i tedeschi, fanno poi le moto che fanno. Comunque qualcuno con la fantasia ci sarà sempre, solo dev’essere un bel peso, anche solo pensare di prendere il posto di Tamburini. No? “Guarda, il passato è importante, ma non bisogna sentirsi troppo legati. Tante volte mi dicono: come fai, con tutte le moto che hai realizzato, a farne ancora? (un problema vecchio come il mondo: la creatività). Per carattere, la moto migliore è quella che sto per fare! A volte vedo gente con esperienza dire ai giovani. Sì, ma quello l’ho fatto io 20 anni fa... E’ sbagliato deprimere così i giovani.”
Poi Tamburini deve scappare: non va a provare la MV, oggi, lui che la tuta se l’infila ancora: no, corre in officina, dove stanno preparando una F4 da consegnare a Juan Pablo Montoya, il pilota della Williams di Formula 1. Lo vedo che scartavetra la piastra numerata. Quando si dice la passione per i dettagli di Tamburini, secondo me non si rende bene l’idea.

Fonte Motociclismo
Ryushito
00giovedì 13 gennaio 2005 08:17
che uomo!
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